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Elviane Lucrece Matchum Simo è la prima laureata del corso di laurea magistrale in “Intelligenza Artificiale e Innovazione Digitale”

La prima laureata magistrale in “Intelligenza Artificiale e Innovazione Digitale” all’UPO è Elviane Lucrece Matchum Simo. Originaria del Camerun, dove si è laureata in Informatica all'Università di Douala, è arrivata in Italia nel 2022 quando ancora dilagava la pandemia. L’abbiamo incontrata ad Alessandria per farci raccontare la sua storia e di come, grazie alla sua caparbietà e a una rete di servizi che hanno funzionato, sia arrivata a questo “primato”.

Di Chiara Pinguello

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Elviane Lucrece Matchum Simo
Elviane Lucrece Matchum Simo

credits © Elviane Lucrece Matchum Simo

Elviane Lucrece Matchum Simo è la prima laureata del corso di laurea magistrale in Intelligenza Artificiale e Innovazione Digitale con sede formativa ad Alessandria e Vercelli. Il corso UPO si fonda sulla collaborazione dei Dipartimenti di Scienze e innovazione tecnologica (DISIT), Giurisprudenza e Scienze politiche, economiche e sociali (DIGSPES), Studi per l’economia e l’impresa (DISEI) e Scienze della salute (DISS).

La dottoressa Elviane Lucrece Matchum Simo si è laureata con una tesi intitolata Implementazione di una piattaforma di telemedicina: Use Case su Saleforce Health Cloud e il suo relatore è stato Massimo Canonico, professore associato di Informatica presso il DISIT.

L’abbiamo incontrata a inizio agosto ad Alessandria per chiederle di raccontarci la sua esperienza.

 

Dottoressa come mai ha scelto di iscriversi all’UPO e al corso di Intelligenza Artificiale e Innovazione Digitale?

«Sono arrivata in Italia nell’aprile del 2022 grazie a una procedura di ricongiungimento familiare con mio marito. In Camerun avevo conseguito una laurea in Informatica all'Università di Douala e avevo lavorato per tre anni nei servizi alla clientela del settore delle telecomunicazioni. Quando ho cominciato a cercare il corso di studi magistrale e ho scoperto quello dell’Università del Piemonte Orientale incentrato sull’AI ho subito deciso di iscrivermi. Un corso di laurea magistrale talmente nuovo che non ho avuto il minimo dubbio. Può sembrare una scelta un po’ azzardata, dato che ero arrivata da poco in Italia, non conoscevo la lingua e dato che il corso è ad Alessandria mentre io vivevo (e vivo) a Novara.»

Come è stato il primo contatto con l’Università italiana e le procedure d’immatricolazione?

«Sono stata molto supportata dal personale e dai servizi dell’UPO. In particolare il dottor Paolo Paiuzzi mi ha aiutata moltissimo per produrre la documentazione necessaria all’immatricolazione e all’ottenimento del nulla osta. In realtà sono stata seguita durante tutto il mio percorso ogni volta che ci sono stati dei momenti di difficoltà.»

Quali sono state, appunto, le maggiori difficoltà che ha dovuto superare?

«Soprattutto quelle organizzative. Abitavo a Novara e tutti i giorni venivo ad Alessandria con un viaggio in treno di un’ora e trenta. Poi erano gli anni del Covid e c’erano tutte le restrizioni legate alla pandemia. Ciononostante, le difficoltà maggiori sono state quelle legate alla lingua, poiché io sono francofona. Prima di partire, avevo conseguito il certificato CILS (Certificazione di Italiano come Lingua Straniera) in Camerun e avevo seguito il corso d'italiano, ma, appena arrivata, ecco l’amara scoperta: le persone italiane parlano in modo molto diverso dai docenti del corso. All'inizio non capivo quasi nulla. Mi ricordo in particolare una materia della quale non riuscivo a comprendere niente. Uscivo dall'aula e passavo la pausa pranzo a piangere.»

Come ha fatto a superare queste difficoltà?

«È stato fondamentale non isolarmi e venire a lezione in presenza. Avrei potuto seguire le lezioni da remoto, ma in presenza riuscivo a capire meglio e a vivere un minimo la comunità accademica cercando di integrarmi e di migliorare la mia conoscenza dell’italiano. Il corso di laurea era all’inizio ed eravamo in pochi a essere iscritti. In più, io ero l’unica straniera. Inoltre a causa del Covid, pochi studenti seguivano in presenza. È anche capitato che io fossi l’unica presente in aula. Ma questo mi ha permesso di imparare l’italiano. Poi, grazie alla disponibilità dei professori, ho usufruito moltissimo dei ricevimenti per tutti i chiarimenti di cui avevo bisogno. Vivere l’università, parlare con le persone è stato fondamentale. Sono riuscita ad affrontare anche la materia di cui, all’inizio, non capivo nulla, e all'esame ho preso 25. Mi sono appassionata alle materie del corso e ho capito subito che ci voleva determinazione e sacrificio. Poi ho cercato di sfruttare i “tempi morti”. Sapesse quanto ho studiato in quelle tre ore di treno che mi aspettavano tutti i giorni!»

Si può dire che sia stata una buona scelta iscriversi in un Ateneo di medie dimensioni dove c’è un rapporto più diretto con il corpo docente?

«Sicuramente sì. Il fatto che le professoresse e i professori fossero sempre presenti è stato fondamentale. In un contesto più grande e caotico forse mi sarei “persa”. Magari avrei avuto più vita sociale, ma anche più distrazioni che mi avrebbero distolta dallo studio. Le faccio un altro esempio. L’azienda dove ho svolto lo stage l’ho conosciuta in un incontro con gli studenti che ha organizzato un docente. Sempre per via del Covid, eravamo in pochissimi in aula e quando gli ho poi scritto per chiedere l’ospitalità in stage loro si ricordavano benissimo di me ed è stato semplice avviare lo stage.»

L’Intelligenza Artificiale, in particolare quella generativa, è l’argomento del momento ed è anche piuttosto controverso. Tu cosa ne pensi di questo fenomeno?

«Come tutti ho visto diversi film con scenari distopici, dove viene immaginato un futuro in cui l’uomo perde il controllo dell’AI. Quindi è chiaro che ci siano delle paure nella società. Ma l’AI è come un coltello: se lo impugni dalla parte del manico non fa male, se lo impugni dalla parte della lama fa male. L’umanità dovrà sempre “impugnare il manico” del coltello. Un algoritmo generativo, come un bambino, impara attraverso degli input e ti restituirà quello che impara. Pertanto dipende solo da noi, il fatto di educare e crescere un’ AI “buona”.»

Elviane, quali sono le sue aspettative e speranze per il futuro dopo questa laurea?

«Vorrei lavorare e specializzarmi ulteriormente nell’ambito dell’intelligenza artificiale. In particolare mi piacerebbe operare con i data science. Infatti i dati sono il “nutrimento” dell’AI: senza dati non c’è intelligenza artificiale.»

A fronte dalla sua esperienza, cosa si sente di dire ai giovani e ai tanti stranieri che studiano In Italia?

«Inizio col suggerire di studiare l’AI e di iscriversi al corso di laurea. Come ho detto, il fenomeno ha bisogno di persone appassionate, eticamente rigorose e preparate affinché si possa sviluppare correttamente. Poi penso che sia importante cogliere tutte le opportunità che l’Università mette a disposizione: stage, periodi all’estero, incontri e conferenze. Alle ragazze e ai ragazzi stranieri raccomando di non farsi fermare dalla paura della lingua. La non conoscenza della lingua è un fattore che rallenta ogni forma di integrazione. Ma appunto per questo bisogna “buttarsi” e stare a contatto con le persone senza timore di sbagliare. Io penso che si debba studiare e avere fede in Dio che benedice gli sforzi. In Italia, comunque, si sta bene, i servizi funzionano e le opportunità non mancano.»

 

    Ultima modifica 7 Agosto 2024

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