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Disturbo Depressivo Maggiore: un team guidato dalla professoressa Chiocchetti pubblica il suo primo traguardo su Brain, Behavior, & Immunity - Health
La depressione maggiore colpisce 300 milioni di persone e rappresenta la principale causa di disabilità al mondo. Nonostante numerosi studi, le cause biologiche rimangono poco chiare e la diagnosi è ancora basata esclusivamente su criteri clinici. Gli antidepressivi sono il trattamento di prima linea, ma spesso non sono efficaci per tutti e la ricerca del farmaco giusto è lunga e faticosa.
Di Riccardo Rubis Passoni
Data di pubblicazione

credits © Akshar Dave/UPO
Un team di ricerca coordinato dalla professoressa Annalisa Chiocchetti, ordinaria di Patologia generale e patologia clinica presso il Dipartimento di Scienze della salute dell’Università del Piemonte Orientale, ha pubblicato un articolo dal titolo Deep immunophenotyping of circulating immune cells in major depressive disorder patients reveals immune correlates of clinical course and treatment response sulla rivista Brain, Behavior, & Immunity - Health (Elsevier).
L’articolo in questione è basato sul lavoro svolto nell’ambito del progetto MIND-ME, uno studio, iniziato nel 2020 e finanziato dalla Fondazione Cariplo, che mira a rivoluzionare il trattamento della depressione attraverso tre concetti chiave: l’immunomica, ovvero la possibilità di studiare le cellule del sistema immunitario sulla base delle molecole (geni, proteine e metaboliti) che esprimono, il ruolo del microbiota intestinale sul sistema immunitario e di conseguenza sullo stato di salute/malattia e il ruolo delle vescicole extracellulari (VE) nella comunicazione tra cellule ed organi anche molto distanti, come quelli appartenenti all’asse intestino-sistema immunitario-cervello.
In collaborazione con la professoressa Paola Rocca, ordinaria di Psichiatria presso l’Università di Torino e Direttrice della Struttura Complessa di Psichiatria dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino – Ospedale Molinette, sono stati arruolati 80 pazienti affetti da affette dal Disturbo Depressivo Maggiore (DDM).
Attraverso un approccio multi-omico, che include lo studio delle popolazioni immunitarie (immunomica), delle popolazioni batteriche intestinali (metagenomica) e delle proteine presenti nelle vescicole extracellulari di derivazione batterica (proteomica), i campioni biologici sono stati valutati al Centro Interdipartimentale "Centro di Eccellenza per la Ricerca traslazionale sulle Malattie Autoimmuni ed Allergiche" (CAAD) al momento dell’arruolamento dei pazienti (evento depressivo maggiore), dopo 3 mesi, per verificare l'efficacia della terapia in atto, e 1 anno, per indagare la risposta al trattamento e le variazioni biologiche indotte dallo stesso.
Nella pubblicazione su Brain, Behaviour, & Immunity-Health, sono stati riportati i primi risultati di MIND-ME, relativi alle popolazioni immunitarie circolanti. Questo è stato possibile grazie alla piattaforma di citofluorimetria di ultima generazione del CAAD. L'impiego di questa tecnologia innovativa ha permesso di identificare due popolazioni linfocitarie ad azione contrapposta, deregolate nel DDM. In particolare, una popolazione di linfociti T della memoria invecchiati, è associata a sintomi depressivi più gravi; al contrario, un effetto protettivo è esercitato da linfociti T regolatori.
«I nostri dati – afferma la professoressa Chiocchetti – suggeriscono che, modulando l'attività di queste cellule, si potrebbe correggere la risposta immunitaria deregolata, sviluppando terapie più mirate e personalizzate per i pazienti. Inoltre, e non meno importante, i dati hanno rivelato che alcune popolazioni immunitarie possono predire la risposta alla terapia».
Una ricerca pionieristica che però dimostra un legame tra la deregolazione del sistema immunitario e la depressione, aprendo alla possibilità di generare nuovi trattamenti immunomodulanti o di riposizionare farmaci già esistenti sul mercato.
«Il vero valore di questo studio – conclude la professoressa Chiocchetti – risiede però nell'analisi multilivello dei dati omici generati. Tale approccio, attraverso l’integrazione bioinformatica di tutti i dati ottenuti, ovvero i dati clinici, delle popolazioni immunitarie, del microbiota intestinale e delle vescicole da esso rilasciate, promette di identificare gli elementi chiave dell’asse intestino-sistema immunitario-cervello, deregolato nel DDM, permettendo una comprensione più completa e approfondita dei meccanismi alla base della depressione e delle risposte ai trattamenti».
Ultima modifica 16 Gennaio 2025
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