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“Deforestazione Made in Italy”: a Vercelli il film che scuote le coscienze sulla deforestazione, tra interventi e riflessioni
Il film documentario del giornalista ambientale Francesco De Augustinis ha messo in evidenza le connessioni tra le eccellenze del Made in Italy e la distruzione delle foreste nel sud del mondo, sottolineando l'urgenza di cambiare il sistema agroalimentare.
Di Federico Mellano
Data di pubblicazione
Martedì 22 ottobre 2024, nella Cripta del Sant’Andrea a Vercelli, davanti a un pubblico attento e partecipativo, è stato proiettato “Deforestazione Made in Italy”, il film documentario del giornalista ambientale Francesco De Augustinis. Il proiezione è stata introdotta dalla ricercatrice dell’Università del Piemonte Orientale Annalisa D’Orsi, assegnista di ricerca nel quadro del progetto “NODES - Nord Ovest Digitale E Sostenibile” - Spoke 3: “Mappature dei patrimoni bio-culturali e reti di turismo sostenibile”, che ha poi moderato la tavola rotonda successiva alla proiezione.
A quasi cinque anni dalla fine del progetto di crowdfunding che ha reso possibile questo viaggio d'inchiesta, il film ha offerto uno spaccato potente e attuale sulle connessioni tra le eccellenze del Made in Italy e la distruzione delle foreste nelle zone del sud del mondo. Al termine della proiezione, diversi interventi hanno contribuito ad arricchire il dibattito, confermando quanto questo tema sia complesso e cruciale.
Lo stesso Francesco De Augustinis, giornalista con oltre 12 anni di esperienza nel settore ambientale, ha aperto la discussione, sottolineando l'urgenza di cambiare il sistema agroalimentare. «Il consumo di carne e la deforestazione sono due facce della stessa medaglia», ha detto. «Molti dei prodotti che arrivano sulle nostre tavole, o che compongono le nostre case e i nostri abiti, nascondono una storia di distruzione ambientale, che parte dalle foreste del Brasile e finisce nelle eccellenze italiane». De Augustinis ha anche messo in luce la mancanza di un dibattito politico su questi temi in Italia: «Non solo la deforestazione, ma anche i cambiamenti climatici non sono davvero presenti nel discorso politico italiano. E questo, a lungo andare, avrà conseguenze devastanti».
Un altro intervento particolarmente significativo è stato quello della professoressa Roberta Lombardi, ordinaria di Diritto Amministrativo e direttrice del Dipartimento per lo Sviluppo sostenibile e la Transizione ecologica UPO, che ha posto l'accento sulle difficoltà normative legate alla globalizzazione e all'ambiente. «Il diritto, di fronte a cambiamenti così rapidi e globali, mostra tutte le sue fragilità», ha osservato. «Il Regolamento Europeo in materia di deforestazione del 2023 (EUDR) rappresenta sicuramente un passo avanti, ma non è sufficiente. Le sanzioni previste colpiscono spesso le piccole e medie imprese, lasciando le grandi multinazionali relativamente immuni». Lombardi ha anche sottolineato come il diritto internazionale sia ancora una soft law, priva di veri e propri strumenti coercitivi. «Non basta avere buoni intenti. Serve una normativa globale che risponda in maniera efficace ai rischi globali», ha concluso.
Il professor Vittorio Tigrino, associato di Storia Moderna presso il Dipartimento di Studi umanistici, ha offerto una prospettiva storica alla questione. «La deforestazione non è un problema recente. Già nella prima parte del Novecento, con l'esportazione del legname dall’Impero austro-ungarico, si ponevano le basi di un sistema che oggi vediamo esplodere su scala globale», ha spiegato. «Ecco perché è importante comprendere che l’ambientalismo e la sostenibilità non sono concetti moderni, ma processi storici che si sviluppano da secoli».Il professor Tigrino ha inoltre evidenziato come la storia dell'Europa e delle sue ex-colonie sia strettamente legata alla questione ambientale. «Le ex-colonie hanno pagato e continuano a pagare il prezzo della nostra industrializzazione e del nostro consumo senza limiti. Oggi ci troviamo a esternalizzare i problemi ambientali, ma le radici di questi processi risalgono molto indietro nel tempo».
Durante il dibattito è intervenuto anche Giacomo Ferrari, presidente della sezione vercellese dell’ANPI, l’Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, evidenziando come il legame tra resistenza e difesa dell'ambiente sia più forte di quanto si pensi. «L'ANPI non è solo memoria del passato, ma anche del futuro. La nostra Costituzione contiene principi che riguardano la protezione dell'ambiente, e spetta a noi difenderli e promuoverli», ha affermato Ferrari. «La resistenza non è finita nel 1945, continua oggi nella lotta contro lo scempio del patrimonio ambientale».
Infine Luca Cristaldi, dell’ente di gestione Aree Protette Po Piemontese, ha offerto una riflessione sul paradosso delle foreste italiane. «Sì, i nostri boschi stanno aumentando in superficie, ma si tratta di aree marginali, lontane dagli interessi economici dell'uomo. Le zone più produttive, le pianure, continuano a subire deforestazione», ha spiegato. «Il consumo di carne è un altro fattore chiave: stiamo vivendo al di sopra delle capacità produttive del pianeta». Cristaldi ha ribadito l'importanza di un cambio di rotta radicale: «Se non cambiamo il nostro rapporto con il consumo, stiamo semplicemente posticipando il problema».
Il film e gli interventi hanno lasciato il pubblico con una domanda aperta: «È ancora legittimo parlare di eccellenza quando questa si basa sulla distruzione ambientale?». Il filo rosso che collega l’Italia e il Brasile, che si estende dal legno illegale alla carne e alla pelle, sembra intrecciare due mondi distanti ma inscindibilmente connessi. Per quanto ancora possiamo ignorare le conseguenze di questo sistema di produzione globalizzato? L'incontro ha fornito così un’occasione per riflettere su come il nostro modello di consumo stia mettendo a rischio il futuro del pianeta.
Ultima modifica 23 Ottobre 2024
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