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«La tubercolosi tocca una persona su tre nel mondo e la ricerca non fa abbastanza». Un batterio diffusissimo che colpisce soprattutto i Paesi in via di sviluppo

Riccardo Miggiano ha vinto per la seconda volta il Bando Ricerca Biomedica condotta da Giovani Ricercatori di Fondazione Cariplo

Di Leonardo D'Amico

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Riccardo Miggiano
Riccardo Miggiano

La Tubercolosi è una malattia infettiva contagiosa diffusa nel mondo da più di diecimila anni. Negli ultimi decenni è stata scarsamente considerata perché ritenuta ormai facilmente guaribile con gli antibiotici. In realtà, ancora oggi è la principale causa di morte per un singolo agente infettivo, ma l’aspetto più preoccupante è il fenomeno della resistenza ai farmaci sviluppata da alcuni ceppi del batterio, che incide negativamente sui costi e sull'efficienza della terapia antitubercolare. Una persona su tre al mondo ne è affetta (sebbene in nove casi su dieci in forma latente) e ogni anno i morti sono 1 milione e 500mila circa.

Riccardo Miggiano, 34 anni, è ricercatore presso il Dipartimento di Scienze del farmaco dell’Università del Piemonte Orientale nel laboratorio diretto dal professor Menico Rizzi, storicamente impegnato nella ricerca biochimica contro la tubercolosi. Ha vinto due volte il Bando Ricerca Biomedica condotta da Giovani Ricercatori di Fondazione Cariplo, nelle edizioni 2016 e 2020. Il bando, attivo dal 2014 con oltre 21 milioni di euro, nasce con l’obiettivo di stimolare la creatività̀ dei giovani nell’ambito della ricerca biomedica ed è mirato a incentivare avanzamenti della conoscenza sui meccanismi molecolari che sono alla base delle patologie umane. 

La ricerca di Riccardo Miggiano si focalizza sull’analisi dei dettagli molecolari della replicazione e riparazione del DNA del batterio che provoca la tubercolosi: «Il primo bando — spiega il dottor Miggiano — mi ha permesso di diventare ricercatore, perché nel 2016 ero assegnista. Mi ritengo fortunato perché l’università in cui lavoro è un luogo molto stimolante e vivace e in generale, credo che l’ambiente della ricerca in Italia abbia tante potenzialità oltre a garantire una preparazione di alto profilo, e questo lo vedo confrontandomi spesso con colleghi stranieri. Purtroppo, allo stesso tempo, ai ricercatori italiani sono richiesti sforzi che i colleghi nordeuropei e nordamericani non devono fare. Soprattutto dal punto di vista della disponibilità di tecnologie e finanziamenti. Il ricercatore italiano, per intercettare tempestivamente l’innovazione, deve fare esperienze all’estero dove si investe tanto nella ricerca di frontiera. E poi viene il problema dei finanziamenti perché in altri Paesi c’è molta più attenzione in questo senso. I pochi contributi erogati in Italia provengono dal Ministero dell’Università e della Ricerca e dalle fondazioni private. Solo recentemente, e grazie al lavoro di sensibilizzazione svolto appunto dalle fondazioni, anche i bandi governativi e ministeriali hanno previsto una quota per gli under 40.

La situazione italiana della ricerca è stata messa in luce drammaticamente dall'emergenza Covid-19 perché la comunità ha chiesto alla controparte scientifica di fare uno sforzo per trovare vaccini nel più breve tempo possibile ma questo non è stato possibile perché le nostre strutture non erano pronte a elaborare una terapia risolutiva in poco tempo. Se vuoi fare ricerca innovativa con risultati in tempi rapidi devi finanziare e l’Italia si è scoperta fragile nel campo della ricerca scientifica perché si era investito poco.

Continuare a investire nello studio della tubercolosi in tempi di pandemia da Covid-19 è importante perché, anche se pochi lo sanno, la tubercolosi è la prima causa di morte al mondo per un agente infettivo: le cure a disposizione sono poche e datate. Solo pochi anni fa sono stati introdotti farmaci di nuova generazione ma per cinquanta anni il repertorio farmaceutico è stato limitato. L’investimento nella ricerca per la lotta alla tubercolosi è stato ridimensionato perché i farmaci individuati sembravano aver risolto definitivamente il problema nei Paesi occidentali. Ma la situazione è completamente diversa nel mondo non industrializzato, e questo accade soprattutto perché le terapie in uso hanno una durata di intervento lunga, di sei mesi, che deve essere condotto sotto stretto controllo ospedaliero. Questo ovviamente è incompatibile con la gestione sanitaria di alcuni Paesi: il risultato è che, nel mondo, ogni anno ci sono 1 milione e mezzo di morti, tra cui molti bambini.

La nostra sensibilità nei Paesi occidentali è bassa in generale perché lo viviamo come un problema che sembra toccarci lateralmente, ma la tubercolosi è una malattia diffusissima: un terzo della popolazione mondiale ha il batterio della tubercolosi, che può rimanere latente o manifestarsi in stati di immunodepressione.

Purtroppo, nel frattempo, mentre investivamo poco nella ricerca di nuovi agenti antibiotici senza ampliare il bagaglio di terapie a disposizione, si sono sviluppati ceppi resistenti agli antibiotici. Attualmente esistono ceppi detti “Multi-drug resistant”, ceppi “Extremely-drug resistant” e “Totally-drug resistant” e rischiamo di trovarci impreparati dal punto di vista terapeutico e di non avere farmaci a disposizione se le varianti più aggressive si diffondessero: è per questo che vale assolutamente la pena di investire in ricerca di base.

Questa seconda vincita del bando Giovani Ricercatori è stata una sorpresa e una gioia incredibile e, proprio come la prima volta, dato che la comunicazione è arrivata a ridosso di Natale, stavo guidando per tornare a Lecce, la mia città. Ero così contento che ho preso una multa per eccesso di velocità!».

 

(Fonte: Fondazione Cariplo)

    Ultima modifica 9 Settembre 2022

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